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All is By My Side - Recensione

All is By My Side – Recensione

All is By My Side - RecensioneRaccontare un personaggio realmente esistito non è mai semplice, soprattutto al cinema; la visione del regista che si imbarca in tale impresa può facilmente alterare la vita del personaggio e rendere l’opera fin troppo romanzata, facendole perdere il suo carattere storico-biografico. La faccenda si complica ulteriormente quando si tratta un vero e proprio mito, come è nel caso di“All is By My Side”. Parlare di una figura del calibro di Jimi Hendrix, ritenuto un pioniere inarrivabile dai cultori del rock per la sua capacità di fondere diversi generi, tra cui appunto il rock, il blues e il funky, e per aver saputo rivoluzionare il modo di suonare la chitarra elettrica, costituisce un grosso rischio, in quanto si può facilmente cadere nella trappola della mistificazione, con la possibilità di trasformare il tutto in una sorta di agiografia su celluloide. John Ridley, premiato agli Oscar dello scorso marzo per la miglior sceneggiatura non originale grazie al suo lavoro in “12 anni schiavo”, nonostante l’evidente complessità del progetto, decide che questa è l’occasione propizia per debuttare alla regia, intenzionato a rappresentare Hendrix non in tutta la sua esistenza, ma durante un solo anno di vita, quello che per lui segnò la svolta, accompagnandolo fino alla sua consacrazione a leggenda, quando nel maggio del ’67 diede fuoco alla propria chitarra durante il Monterey Pop Festival.

Sin dall’incontro con Linda Keith (Imogen Poots), mostrataci nel film costretta nello status di fidanzata di Keith Richards, che scorge il potenziale del musicista nel periodo in cui questi suonava come accompagnatore in una band al Cheetah Club di New York, Hendrix ci viene presentato nella sua umanità, in modo tale da renderlo tangibile allo spettatore, complice l’interpretazione di André 3000, perfetto nelle movenze e nella voce, che aggiunge spessore e credibilità a una figura ancora lontana dal mito e ricollegabile, piuttosto, a un uomo che voleva semplicemente fare musica e toccare con essa i cuori delle persone. Pur facendo trasparire l’innato talento di Hendrix, Ridley non ha intenzione di renderlo una persona piacevole nella vita privata e per constatare ciò basta osservare le figure femminili e le loro relazioni con il musicista, a cui viene dedicata grande attenzione; questo rapporto è sempre stato complesso e conflittuale, probabilmente a causa del grande amore del chitarrista per la musica, che tanto lo coinvolgeva, anzi ossessionava, da renderlo quasi disinteressato a coloro che lo circondavano. Tale rappresentazione di Hendrix funziona sullo schermo, incantando lo spettatore grazie al suo lato estroso e al talento musicale, aprendogli tuttavia gli occhi sui lati più oscuri del personaggio, a tratti violento a causa dell’alcol e delle droghe, permettendo al pubblico di sintonizzarsi con una figura generalmente così distante per la sua grandezza artistica.

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André 3000 e Imogen Poots rispettivamente nei panni di Jimi Hendrix e Linda Keith

Il viaggio all’interno della vita di Hendrix non sarebbe stato lo stesso, tuttavia, senza l’imprescindibile parte musicale, che in un film del genere assume il ruolo di comprimario. Ridley si è trovato un’ulteriore gatta da pelare ovvero il trust che ha impedito l’utilizzo di pezzi del musicista; il regista e il produttore Danny Bramson hanno così dovuto scrivere una vera e propria sceneggiatura sonora che accompagnasse l’evoluzione del personaggio e della sua carriera. Il lavoro svolto non fa rimpiangere la mancanza di canzoni scritte da Hendrix, grazie ad alcuni brani originali e alla presenza di cover interpretate in passato da Hendrix, qui riproposte da André 3000, tra cui Sgt. Pepper dei Beatles, il cui inserimento è stato approvato dallo stesso Paul McCartney.

Il lavoro di Ridley non è sicuramente privo di difetti e in alcuni momenti il regista si fa prendere la mano nel romanzare l’accaduto; le imprecisioni del film non sono affatto poche e il regista tende a volte a semplificare un po’ le cose, nelle vesti di sceneggiatore, arrivando a mescolare diversi avvenimenti e personaggi che nella vita reale sono del tutto separati; il carattere di fiction in alcune parti eccessivamente accentuato è la pecca che macchia il film, che sicuramente risente della personale visione dell’autore, come è normale che sia. Realizzare pellicole da un punto di vista oggettivo ha ben poco senso e anche le biografie assumono tratti diversi a seconda degli ideali di coloro che ci hanno lavorato; il rischio non è più, dunque, quello di mitizzare il personaggio storico, ma di modificare alcuni eventi determinanti della sua vita e di semplificarli allo scopo di delineare semplicemente ciò che quella figura rappresenta per il pubblico o almeno quello che il regista crede che essa rappresenti. Questo difetto, impossibile da non considerare in un biopic, diminuisce la potenza di un ritratto di Hendrix che risulta comunque interessante, nonostante alcune decisioni stilistiche discutibili, su tutte un montaggio azzardato che rende difficile l’interpretazione della volontà del regista e dei montatori Hank Corwin e Chris Gill.

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Sullo sfondo, André 3000 e Hayley Atwell, quest’ultima nel ruolo di Kathy Etchingham, compagna di Hendrix per due anni e mezzo

La prima prova alla regia di Ridley si dimostra così soddisfacente, ma in quanto biopic, la sua qualità è inversamente proporzionale alla conoscenza della vera storia di Hendrix; per la sua valenza biografica, più si è informati sulle vicende del musicista, più le incongruenze rischiano di far storcere il naso e rendono la struttura meno solida, perché si ha la sensazione che di fronte non si abbia la vera storia di Jimi Hendrix, ma piuttosto una figura dalle stesse sembianze e alcuni snodi esistenziali in comune con l’artista. Il lavoro è comunque godibile nella sua costruzione formale e per la presenza di un personaggio che risulta essere ammaliante, seppure a volte distante da Hendrix per la poca veridicità dei fatti narrati, la cui storia ripercorre comunque la grande svolta del chitarrista e per questo riesce ad affascinare, grazie anche alla performance corale di un cast in forma smagliante.

“All is By My Side” è stato presentato lo scorso settembre al Toronto International Film Festival e aprirà il Biografilm Festival che si terrà a Bologna dal 6 al 16 giugno. La pellicola uscirà in Gran Bretagna l’8 agosto, mentre di un’uscita italiana ancora non si sa nulla. Il titolo rappresenta il debutto alla regia di John Ridley, autore anche della sceneggiatura, ed è stato prodotto dalla Darko Entertainment, tra i cui produttori spicca Danny Bramson. Il cast comprende André 3000, Hayley Atwell, Imogen Poots, Burn Gorman, Ruth NeggaAndrew Buckley. Secondo le ultime novità, è in cantiere un ulteriore progetto su Jimi Hendrix, che vedrà Anthony Mackie (il Falcon di “Captain America: The Winter Soldier”) nel ruolo del protagonista. Il film sarà intitolato “Jimi” e, al contrario del lungometraggio di Ridley, la sorella di Jimi, Janie Hendrix, ha permesso l’uso delle canzoni nella pellicola. “Jimi” sarà diretto dall’inglese Oliver Parker (“Dorian Grey”, 2009; “Johhny English – La rinascita”, 2011); Mackie sarà affiancato da Noomi Rapace (protagonista della trilogia di “Uomini che odiano le donne” e di “Prometheus”) e Thandie Newton (nel 2009 in “2012” di Roland Emmerich e vincitrice di un BAFTA nel 2006 per “Crash-Contatto Fisico”).

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