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“Aishiteru My Love” di Stefano Cattini in anteprima al 54° Festival dei Popoli

angus-mc-og-aishiteru-cover[1]“Aishiteru” in giapponese significa “ti amo” ed è l’amore, quello adolescenziale, struggente e talvolta impossibile l’anima di questo lungometraggio. “Aishiteru My Love” film di Stefano Cattini (prodotto da Doruntina Film in collaborazione con Sequence Film) verrà presentato per la prima volta in Italia ed in Europa il 4 dicembre al Festival dei Popoli di Firenze, arricchendo le fila della sezione Panorama, tra le 7 migliori produzioni documentaristiche dell’anno.

Stefano Cattini è documentarista italiano con, all’attivo, prestigiose selezioni a Festival di Cinema Internazionale. Nel 2010 ha ricevuto la candidatura al David di Donatello ed è stato premiato ad Annecy e a Teheran, inizio di un percorso che lo vede raggiungere importanti traguardi in tutto il mondo. Nella sua produzione è costante l’impegno verso il di racconto di storie, che possono essere lette come frammenti di realtà o come semplici favole, affrontate con la sola forza delle immagini.

In “Aishiteru My Love” si stratificano le vite di ragazzi, studenti ed allo stesso tempo attori, che disegnano la mappa di un’unica realtà in trasformazione: l’adolescenza. Il racconto del film si svolge durante un laboratorio teatrale tenuto all’interno di una scuola professionale di Modena, in cui orbita un gruppo di giovani, talvolta problematico ma non particolarmente difficile, come Francesco, giovane playboy, Helena, ballerina autodidatta, Erika, romantica sognatrice, Aisha, silenziosa e solitaria. Esordienti all’amore. Fuori da schemi scolastici battuti dal tempo monotono di una campanella. La finzione scenica li espone e protegge, facendo emergere tutta la forza poetica, spesso drammatica, ma anche genuinamente comica delle loro turbolenti esistenze.

Come definito dallo stesso Cattini – “sono piccole storie con le loro disarmonie, quelle che ho scelto di ritrarre, aderendo alla realtà nella sua semplicità e ruvidezza, senza mai modificarla o piegarla ai fini del racconto.”

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