Nel 1931, all’apice della sua carriera artistica, il regista sovietico Sergei Eisenstein parte alla volta del Messico per realizzare un nuovo lungometraggio dal titolo Que Viva Mexico. Rifiutato da Hollywood e sotto pressione per il ritorno nella Russia stalinista, Eisenstein arriva nela città di Guanajuato. Accompagnato dalla guida Palomino Cañedo, sperimenterà i legami tra Eros e Thanatos, sesso e morte, combattuto tra la felicità nel riprodurre i loro effetti sul grande schermo e la preoccupazione dei loro effetti sulla vita reale e personale. Il film di Peter Greenaway esplora la mente di un genio creativo messo di fronte ai desideri e alle paure verso amore, sesso e morte, nell’arco di 10 appassionati giorni che hanno contribuito a dar forma al resto della carriera di uno dei grandi maestri della settima arte.
L’iconico e storico regista russo Sergej Michajlovič Ėjzenštejn, sarà dunque al centro di Eisenstein in Guanajuato, biopic diretto da Peter Greenaway, visionario cineasta gallese noto per film come I misteri del giardino di Compton House (1982), Il cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante (1989) o il recente controverso Goltzius and The Pelican Company (2012). Pellicole caratterizzate sempre da una raffinatezza estetica e da una forte influenza di forme artistiche come pittura e teatro sullo stesso medium cinematografico.
Nel ruolo di Eistenstein l’attore finnico Elmer Back, noto per The Spiral (2012) e scelto dal regista poiché in grado di “dare contemporaneamente cuore, anima, cervello e corpo al servizio della raffigurazione di un Eisenstein molto umano, emotivamente e anatomicamente messo a nudo“.
Il film, in Russia già al centro di diverse polemiche per l’approfondimento dell’omosessualità dell’artista sovietico, sarà seguito da un secondo lungometraggio realizzato sempre da Peter Greenaway, The Eisenstein Handshakes, annunciato per il 2016.
Eisenstein in Guanajuato esordirà nei prossimi giorni al Festival Internazionale del Cinema di Berlino. Nel cast Elmer Back, Luis Alberti, Maya Zapata, Lisa Owen, Stelio Savante, Rasmus Slätis e Jakob Öhrman.
Articolo di Alex Zambernardi