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Recensione: Dobbiamo parlare, ultimo film di Sergio Rubini

dobbiamo-parlare-recensioneUna Roma splendida apre Dobbiamo Parlare, l’ultimo film di Sergio Rubini, regista e attore dal piglio deciso e dalla recitazione caratteriale. O meglio: la bellezza di Roma s’intende, s’immagina, perché, al di fuori dello scorcio prospiciente la terrazza dell’attico in cui i due protagonisti vivono, altro non si vede se non l’interno della casa degli stessi che diventa teatro dell’intero film.

“Le cose vanno viste dall’alto” è la frase pronunciata da Vanni che apre e chiude una pellicola dalla dimensione teatrale che vagola tra gli stati d’animo umani fino ad assurgere a un parossismo emotivo per poi esplodere seppur costretto nell’ambiente domestico casalingo.

Vanni (Sergio Rubini) e Linda (Isabella Ragonese) vivono in un bellissimo ma problematico attico romano. Lui è un famoso romanziere, molto più grande di lei, che invece è una timida scrittrice in erba sempre nell’ombra del compagno. Si amano profondamente.

Il Prof (Fabrizio Bentivoglio) e Costanza (Maria Pia Calzone), sono la coppia di medici il cui matrimonio è messo in crisi dai tradimenti reciproci.

Due coppie che s’incontrano e si scontrano e che incarnano gli stereotipi di due formae mentis politiche opposte che finiscono per diventare opposti stili di vita e di comportamento.

Il matrimonio di convenienza, l’importanza del ruolo sociale e del denaro, la continua sfrenata ricerca della buona intenzione, il ritratto austero di Mao Tse Tung che segnala una onnipresente traccia ideologica, particolareggiano il film di antinomici luoghi comuni, che Rubini sfrutta benissimo per trarne spunti comici degni delle migliori commedie teatrali.

Con spiccati richiami a “Carnage” di Roman Plansky e a “Cena tra amici” di Alexandre de La Patellière, Rubini realizza uno dei suoi film più godibili, riuscendo a fare di un’opera che si serve praticamente di sole parole, un film di ritmo e di sardonica leggerezza.

Le bugie, le piccole ipocrisie sociali e le conseguenze delle loro scoperte regolano i rapporti affettivi dei personaggi e sono le micce che scatenano le situazioni in cui essi si trovano di volta in volta, scambiandosi i ruoli, le intenzioni, capovolgendo le parti e rendendo lo spettatore sempre in attesa del prossimo sconvolgimento emotivo.

Argomenti visceralmente mondani ed elementi allusivamente infantili si mescolano spesso nei film di Rubini, e anche questa volta ritroviamo in una stessa pellicola dialoghi brillanti che strizzano l’occhio a un’ironia volutamente prosaica, ma misurata, e a piccoli intermezzi quasi favolistici, in cui persino un pesce rosso prende la parola, umanizzando paradossalmente, il sentimento che più spesso è trama portante delle commedie: l’amore.

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