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La solita Commedia – Inferno: Recensione del film di Biggio e Mandelli

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Dopo 4 anni sul piccolo schermo e due lungometraggi a loro dedicati, Fabrizio Biggio e Francesco Mandelli abbandonano I Soliti Idioti e intraprendono una nuova avventura cinematografica con La solita Commedia – Inferno.

Proseguendo il filone del film a sketch, il duo sceglie di analizzare quelli che sono i peccati moderni che contraddistinguono l’umanità odierna e per farlo, chi meglio di Dante Alighieri? Inviato sulla Terra per catalogare i nuovi vizi, il Sommo Poeta (Francesco Mandelli) sarà accompagnato nella sua missione da un improvvisato Virgilio (Fabrizio Biggio).

Biggio e Mandelli collaborano per la terza volta con Martino Ferro, co-autore della serie TV e dei due film precedenti, e con lui prendono anche il posto di registi. Uno dei principali difetti dei film su I Soliti Idioti era una flebile storia principale che faceva solo da pretesto per l’incursione di sketch che, oltre a compromettere la narrazione, sembravano indirizzati ai soli fan del programma televisivo. Ne La solita Commedia, la cornice che rimanda alla discesa negli Inferi, mostrandoci peccati sempre più terribili, rende più accettabile l’alternarsi dei siparietti, che prendono la forma di mini storie a sé, ritornando però poi sempre all’intreccio primario dell’avventura di Dante e Virgilio.

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Il passo in avanti di questo lavoro è anche compiuto grazie a uno staff tecnico rivoluzionato: il direttore della fotografia Marco Bassano e la montatrice Valentina Mariani su tutti, permettono al titolo di abbandonare l’estetica dozzinale dei primi film, conferendogliene una più adatta al grande schermo; una messa in scena generale più convincente, che non raggiunge picchi costanti ma che, già nella forma, fa intuire un’evoluzione.

QUI LA CONFERENZA STAMPA CON BIGGIO, MANDELLI, FERRO E IL CAST DEL FILM.

Ulteriore modifica è una progettazione più corale della commedia. Ormai famosi per i loro travestimenti, Biggio e Mandelli sono i due protagonisti indiscussi, ma sono circondati da un gruppo di colleghi che assieme a loro impersonano maschere differenti per tutta la durata del film e allontanando lo spettro di un totale egocentrismo da parte della coppia comica. I peccati descritti non sono forse i più gravi a cui uno penserebbe, ma probabilmente tra i più comuni nell’era moderna: l’assuefazione tecnologica, la mania per l’ordine o l’adorazione per la tragedia, così come il traffico nell’ora di punta o i supermercati ridotti a vere e proprie giungle, sono situazioni in cui molti possono riconoscersi e questo rende la commedia quantomeno contemporanea. Questo è un valore che sarebbe sbagliato negare a priori a questo titolo, soprattutto in un panorama come quello italiano, dove le commedie che dovrebbero parlare della realtà finiscono, con le loro storie sconclusionate e fin troppo edulcorate, per non essere affatto specchio dell’uomo comune.

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Il livello degli sketch non è costante, ma alcune idee sono ben riprodotte e una netta diminuzione della scurrilità gratuita ha evidentemente permesso agli autori di concentrarsi su altro, tra cui riuscite citazioni come quella di Trainspotting, in cui la droga è però sostituita dallo smartphone. Impossibile lasciarsi sfuggire la possibilità di ridere assieme alla religione: un Dio vittima dell’alcol e dei medicinali, quasi in stato confusionale, che è pappa e ciccia con il Diavolo; la rappresentazione del collegio dei Santi come un’aula di Parlamento in cui ognuno fa la voce grossa. Queste non possono certo essere considerate blasfemia, ma semplicemente il riflesso del nostro mondo tanto caotico.

Dipingendo ipocrisie e tic degli umani, con un occhio particolare per noi italiani, sarebbe facile fare paragoni con titoli simili, come I mostri di Dino Risi, ma sarebbe fuorviante; i due film prendono di mira le vicissitudini in cui si può incappare tutti i giorni, ma lo spirito del classico datato 1973 era ben diverso soprattutto per la sua forza graffiante nei confronti di tutte le categorie. Dai politici al padre di famiglia, I mostri dipingeva in modo cinico la società, rendendo i protagonisti oggetti di disgusto da parte dello spettatore; La solita Commedia ha un approccio meno aggressivo e vuole far sorridere il pubblico, che riconosce quei difetti in sé o negli altri, senza puntare effettivamente il dito. Una forza tale avrebbe portato il titolo a ben altro livello, rendendo ancor più mordace il ritratto dell’Italia di oggi, ma le intenzioni di base qui sono ben altre.

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A Fabrizio Biggio e Francesco Mandelli va dunque il merito di essersi lasciati alle spalle I Soliti Idioti e, assieme a Martino Ferro, di aver infuso a un film composto di sketch un’unità registica che i loro lavoro precedenti non possedevano. La satira non è tanto pungente da presupporre una radicale riflessione sociale, ma funge più da specchio dei malvezzi di questa nostra Italia. Non si tratta di una commedia rivoluzionaria, bensì di un diversivo; non promette grasse risate, ma potrebbe farvi sorridere ritraendo in modo grottesco la vita infernale di tutti i giorni. Alcuni di noi possono identificarsi nei vari personaggi, ma per questi ultimi non proviamo una vera repulsione, bensì li guardiamo divertiti e passiamo sopra i loro misfatti; non esprime giudizi, ma piuttosto ci mette di fronte ai nostri piccoli grandi difetti cercando di farci ridere su.

La solita Commedia – Inferno, scritto e diretto da Fabrizio Biggio, Francesco Mandelli e Martino Ferro, arriverà nelle sale il 19 marzo. Il cast comprende, oltre ai due soliti idioti, anche Giordano De Plano, Tea Falco, Marco Foschi, Walter Leonardi, Paolo Pierobon Gianmarco Tognazzi e Daniela Vigilio. Il film è prodotto da Wildside e distribuito da Warner Bros. Pictures.

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