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Botticelli Inferno – recensione del documentario di Ralph Loop

botticelli-inferno-recensioneBotticelli Inferno è debole sotto molti punti di vista. Ammiccante, ha sempre un occhio, mistico e superficiale, che guarda al filone del “misterioso” Rinascimento italiano (vedi Inferno, Il Codice da Vinci e la seconda saga videoludica di Assassin’s Creed). La regia di Ralph Loop indugia molto su paesaggi e scorci. La buona fotografia li rende certo suggestivi, ma uniti a un montaggio e una sceneggiatura che richiamano più una puntata di Mistero che un’approfondita ricerca storico-artistica, alla fine risultano soltanto una graziosa velleità.

Botticelli Inferno – dietrologie e selfie

Si parte con una (supposta) voce narrante in prima persona. È un fittizio Sandro Botticelli. Oggetto dell’indagine, le sue illustrazioni dell’Inferno dantesco con tanto di mappa dei nove cerchi. Si va a delineare la cronologia dell’opera, dalla sua creazione ai passaggi che l’hanno portata a Berlino e nel Vaticano. Ma l’approfondimento si ferma qui. Si preferisce scavare in teorie fantasiose e interviste ai passanti (lei come vede l’Inferno?), piuttosto che stabilire connessioni. Troppo per i non addetti ai lavori.

Più che andare a fondo nell’opera, il documentario ci tempesta di curiosità gustose e inessenziali. E informazioni pleonastiche (dopo un’ora e mezza che vediamo disegni metà colorati e metà no, veniamo informati che “l’opera è incompiuta” – SIGH!). Da dimenticare le brevi scene in cui si tenta una timida apologia di selfie e foto all’interno dei musei. Chiamare in causa hic et nunc e ricercare una visione approfondita appare del tutto fuori luogo.

Botticelli Inferno - recensione del documentario di Ralph Loop

Botticelli Inferno – la forza delle possibilità inespresse

Quello che funziona, al di là di curiosità e dietrologie, è l’opera stessa. Un Botticelli poco conosciuto, con una fantasia slegata dai concetti di bellezza e sensualità così permeanti nella sua arte; rimanda, seppure in versione più rigorosa e plastica, alla sfrenata caoticità del coevo Bosch.

La forza dei suoi disegni è tutta nella loro potenzialità. Nel non-finito che ci plasma nella mente, una sintesi tra il Botticelli che conosciamo e queste bozze. Qualche curiosità interessante emerge dalle pergamene in mano agli angeli e dall’esecuzione del disegno (con ripensamenti), ma il resto è fantasia dietrologica che cavalca.

Per concludere…

In sostanza, Botticelli Inferno è un documentario che può stimolare curiosità nel momento in cui affronta direttamente l’opera dell’artista. Lì funziona. La forza delle immagini scardina il bel pacchetto preconfezionato. Tra opinioni e teorie strampalate, il resto cavalca grettamente la sete di misteri che il nostro nichilismo ha generato.

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