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Locke: recensione in anteprima

Locke1Esce il 30 aprile al cinema, “Locke“, il film innovativo e anche la sorpresa che ha incantato l’edizione di Venezia 70, per il quale era stato presentato fuori concorso.
85 minuti di pura realtà: un uomo, una macchina e un telefono.

Locke: trailer, trama e clip in anteprima!

Questa pellicola, diretta da Steven Knight, è interpretata unicamente da Tom Hardy (ricordato principalmente per le sue interpretazioni in “Inception” e nel ruolo di Bane ne “Il cavaliere oscuro – Il ritorno” entrambi di Christopher Nolan, oltre che grane attore di teatro), il vero protagonista di questo film; Hardy interpreta Ivan Locke, un uomo che dopo molti sacrifici e sudore, ha costruito una vita lavorativa che lo soddisfa e ha una famiglia perfetta.
Tutti questi muri di convinzione e la sua stessa vita gli crolleranno addosso, pesantemente.

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In viaggio da Birmigham a Londra, in 85 minuti di pellicola davvero reali, senza stacchi temporali di alcun genere, Locke si troverà a fare i conti con la propria vita ed i suoi errori: uscito presto da lavoro si troverà,tramite un’imprevedibile pazienza e coraggio, a raccontare attraverso un semplice telefono, che non farà altro che squillare, alla propria famiglia, a sé stesso e a noi spettatori, del tradimento avvenuto una sola volta con una ex-collega, nei confronti della moglie, in procinto di partorire e senza alcuno al mondo, che sta andando ad assistere, e agli effetti collaterali sul suo matrimonio appunto, e sul lavoro, da gestore, l’indomani, di una colata storica di calcestruzzo che dovrà guidare tramite cellulare.

Insomma, come veniamo catapultati all’interno di questa macchina, una qualunque in mezzo ad un’autostrada, e ne conosciamo e comprendiamo i problemi, le emozioni, i monologhi serrati che Locke fa nei confronti del padre “immaginario”, la calma con cui gestisce gli insormontabili problemi, ne veniamo tirati fuori al termine della sua corsa, una corsa narrativa, di sincerità e per la vita.

Un’insuperabile prova d’attore, che è riuscito a trasmettere emozioni, per la maggior parte con la comunicazione non verbale, fatta di gesti, movimenti degli occhi, espressioni facciali, che comprendiamo e facciamo quasi nostre, condividendole con lui.
Un’ora e mezza circa dove si rimane incollati davanti allo schermo, e dove Hardy ha dato prova di essere davvero brillante e Knight con lui, per la sequenza d’inquadrature e dialoghi, per l’originalità della situazione, dentro una macchina e quindi per l’essenzialità degli elementi che compongono la scena, ma che riescono a dare sfogo ad un’interpretazione ed alla realizzazione di un film così diverso, ma così brillante.

Articolo di Mara Siviero

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