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Cicogne in missione – Recensione: per stare leggeri

Cicogne in missione - Recensione: per stare leggeri

Cicogne in missione ha il “pregio” di essere noioso solamente nella prima metà. All’intervallo potremmo chiederci: “perché sono venuto a vederlo?”. Alla fine, invece, ci dimentichiamo le perplessità e usciamo  dal cinema contenti di risate e leggerezza.

Produzione Warner Bros. (v. l’ottimo The Lego Movie). Coregia ex-Pixar Doug Sweetland. Regia del poco politically correct Nicholas Stoller (Cattivi Vicini). Non delude come troppi film 3Dcg degli ultimi tempi (v. L’era glaciale, Angry Birds), ma non arriva al livello di The Lego Movie. Nonostante le molte pecche, risulta comunque un film piacevole per qualunque target, dai più pretenziosi ai più disimpegnati. Dagli adulti ai bambini.

Cicogne in missione – trama classica e fantasiosa

È da tempo ormai che le cicogne non portano più i bambini. Da quando una cicogna rivendicò come sua una bambina che doveva recapitare. In più, nell’incidente si ruppe il localizzatore della famiglia di destinazione, e la bambina, Tulip, rimase a vivere nel grande palazzo sopra le nuvole dove è nascosta la Macchina Fabbrica-Bambini. Ora quindi le cicogne consegnano ordini online di ogni genere per la ditta Cornerstore.com. E i bambini non sono che un ricordo.

Junior è l’impiegato più in gamba dell’azienda: un milione di consegne. Il Boss (tormentone di ugola ballerina e ficaggine esplosiva) lo vuole premiare. Presto ci sarà un cambio ai vertici dell’azienda e il nuovo boss potrebbe proprio essere Junior. Questo se riuscirà a licenziare Tulip, che danneggia l’immagine e le rendite della società. Non avendone il coraggio, la cicogna infilerà la ragazza nella sezione “lettere”. Vuota da anni.

Cicogne in missione - Recensione: per stare leggeri

Parallelamente; marito e moglie agenti immobiliari che non hanno tempo da dedicare al figlio. Il bambino, tra fantasticherie ninja e solitudine, vuole un fratellino, di fronte all’esitazione dei genitori scrive una letterina alle cicogne. Sarà Tulip a riceverla e ad attivare la macchina Fabbrica-Bambini. E Junior si troverà tra le mani un grosso problema da risolvere prima che il Boss se ne accorga.

Cicogne in missione – spunti che ingranano con fatica (ma, almeno, ingranano)

Cicogne in missione fatica ad ingranare. Sia per il tipo di comicità (che ci ricorda Lego movie) basata su tormentoni, citazioni e metacomicità di svelamento-clichet. Sia per l’esasperazione iniziale della stessa comicità. Alcuni personaggi chiassosi e poco convincenti. Alcune battute reiterate a tormentone troppo rapidamente. Altre strappano un sorriso ma già troppo viste (vedi: occhioni da “AW!”). Il bambino poco bambino nelle frecciate saccenti ai genitori. Confuso, pleonastico, prevedibile, il film lascia dietro di sé solo indifferenza.

Cicogne in missione - Recensione: per stare leggeri

È, come detto, nella seconda metà che si riesce a trovare un equilibrio. Tormentoni e spunti prendono i giusti spazi e i giusti tempi. I personaggi più insopportabili vengono ridimensionati. Alcune scene molto azzeccate (vedi la notte passata a cullare la bambina e la scena dei pinguini) permettono di passare sopra a qualche scivolone.

Tematiche legate all’infanzia. Distanza figlio-genitori da colmare, forte impulso a nobilitare l’adozione (vedi Tulip da una parte e la letterina per “chiedere” un fratellino dall’altra). Senso di famiglia allargato (anche in scena finale, con ammicchi).

Per concludere…

Cicogne in missione non centra del tutto il bersaglio. Il messaggio rimane sotteso, ma perso nell’esagerazione di certe scelte troppo poco sottili. A differenza della Pixar, si preferisce sfottere commozione e facili sentimenti per poi (ovviamente) caderci dentro. La seconda metà, tra risate e ammicchi, riesce a tenere vivo l’interesse. E, soprattutto, a far dimenticare gli errori precedenti.

Cicogne in missione
  • 6 e mezzo
    6/10
Positivo

seconda metà scoppiettante, equilibrata. Lasciamo la sala col sorriso.

Negativo

Prima metà fatta di battute esagerate e stiracchiate. Ci si annoia nel nome dell'esagerazione.

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